Riceviamo e volentieri postiamo un testo di Pio d’Emilia, giornalista (http://www.ilfattoquotidiano.it/oriente-furioso/) e corrispondente dal Giappone per Sky Tg24, dal titolo: La guerra dimenticata tra Italia e Giappone, una pagina inedita di storia politica e diplomatica. (prima parte) —–
C’e’ un episodio, tra i tanti della seconda guerra mondiale, che abbastanza comprensibilmente ignorato dalla storiografia internazionale, lo e’ un po’ meno comprensibilmente dagli storici italiani e giapponesi. Si tratta della dichiarazione di guerra “fantasma” (vedremo poi perche’) dell’Italia al Giappone, avvenuta il 15 luglio 1945[1].
Una dichiarazione di guerra “nominale”, come vedremo, frutto di valutazioni politiche rivelatesi in seguito profondamente errate[2], ma che rappresenta comunque il punto d’arrivo di una serie di eventi drammatici iniziati con l’armistizio dell’8 settembre 1943 (nella terminologia giapponese dell’epoca, ma anche successiva, il cosiddetto “tradimento”[3]) e quello di partenza di un contenzioso (prima politico/diplomatico, poi squisitamente giuridico) che ancorche’ apparentemente risolto potrebbe invece rivelarsi tutt’ora fertile terreno per eventuali azioni di risarcimento da parte di cittadini italiani che lamentassero “danni morali o materiali certi e documentabili”. I quali potrebbero, secondo il parere di alcuni esperti, adire la magistratura ordinaria giapponese e chiedere un risarcimento del danno[4]. Cio’ potrebbe valere non solo per i protagonisti noti di quei tristi avvenimenti – tra i quali il nostro presidente prof. Fosco Maraini, e il dr. Michelangelo Piacentini – ma anche, tanto per fare qualche esempio, per gli eredi del comandante Prelli, responsabile della flotta italiana in Estremo Oriente, di stanza in Cina, fatto uscire con uno stratagemma dell’Ambasciata di Tokyo, dove si trovava in visita riservata, e fatto sparire sino alla resa , di altri 61 cittadini italiani residenti all’epoca in estremo oriente , le cui domande, chi per una ragione chi per un’altra non sono state soddisfatte, e soprattutto quelli di un martire dimenticato da tutti, il Primo Ufficiale Macchinista Ernesto Saxida, deceduto tra atroci sofferenze dopo essere stato utilizzato come cavia umana da un certo Tokuda, “medico” di un campo di concentramento nei pressi di Yokohama dove si praticava su base artigianale cio’ che la famigerata Brigata 731, in Manciuria, praticava a livello industriale: crudeli esperimenti clinici “in corpore vili”[5]. Sui prigionieri di guerra, insomma. Continua a leggere →
Fai qualcosa di utile al mondo e condividi!
Mi piace:
Mi piace Caricamento...