(puntata 53) di Michele Pinin
Epilogo – parte 4
accidenti
Voleva davvero prenderlo in giro? Più Hirose lo scrutava e più Elemetti sembrava rassegnato. Chi ti prende in giro lo fa dietro a un ghigno o con una faccia da commerciante. Il bianco sulla faccia aveva stampata la rassegnazione: lo sguardo era quello di chi rimane impotente davanti alla piena di un fiume o alle scosse di un terremoto. La certezza in quello che diciamo, nelle nostre convinzioni si basa su dati reali oppure, al contrario, sulla nostra arroganza. L’espressione sul volto di Elemetti diceva solo: è così, non posso farci niente. Era un uomo disarmato che non aveva paura di confessare la sua resa.
Hirose non era abituato a mollare un’intervista a metà, anche se la stanchezza di quel giorno pieno di novità, cominciava a entrargli nelle ossa.
– Mi dispiace sentirle dire queste cose, i suoi studenti, i lettori del giornale, la pensano diversamente, vorrei poterle mostrare le lettere e i commenti che abbiamo ricevuto durante la nostra inchiesta.
– Perché proprio io? Ci sono stati insegnanti che sono arrivati prima di me e hanno fatto cose importanti, hanno aperto scuole che sono durate nel tempo. La sostanza comunque non cambia: non si tratta di conoscenza, ma di sollazzo per anime disperate. Lo studio delle lingue straniere, alle università o nelle scuole, è una nostalgia dei secoli scorsi, quando il mondo era ancora da esplorare e avevamo bisogno di parlare, di esprimerci. In questa di epoca è sufficiente dire di sì o di no, condividere o negare. Le parole sono troppo lunghe, le frasi pesanti; un’immagine, un disegnino, un ok, sono quello che ci servono. Ci basta comunicare, i traduttori automatici fanno un buon lavoro, in alcuni casi ottimo e sono destinati a migliorare. Hanno ragione i ragazzi a sbadigliare durante le lezioni, tutte quelle ore a studiare lingue complicate e remote che non gli serviranno a niente. Continua a leggere