(puntata 51) di Michele Pinin
Epilogo – parte 2
tempo buzzo
È così difficile parlare di noi in maniera pacata e obbiettiva. Sia da giovani che dopo i cinquant’anni quando ci sentiamo maturi. Due età, la giovinezza e la maturità, che ci illudono. Nella prima, proprio perché giovani, crediamo che amici e conoscenti perdoneranno le nostre affermazioni più avventate. È rassicurante pensare che la persona a cui ci rivolgiamo non ci prenderà troppo sul serio, garantendoci così, quando diciamo delle sciocchezze, una seconda possibilità. A cinquant’anni dovremmo ormai sapere quello che diciamo; chi ci ascolta muove la testa con cenni di assenso, sembra approvare le nostre affermazioni, ma probabilmente pensa che sei vecchio più che maturo, e quindi che vuoi stare a commentare, lascialo parlare.
Ecco perché in molti casi è meglio limare l’opinione che abbiamo di noi, ridurla all’osso e tenerla al riparo dai commenti. Non è facile. La solitudine ci spinge a parlare con gli altri come se potessimo fidarci, trascinati dall’ebrezza di condividere quello che proviamo, non ci accorgiamo della perfidia di chi ci ascolta e iniziamo a snocciolare in maniera candida quello che pensiamo.
Riflessioni queste che Hirose avrebbe dovuto fare sue prima di aprire la bocca al bancone del Bar La Tenda, dove era finito per entrare, invece di fare quanto si era ripromesso dopo essere sceso dalla Terrazza: tornare in camera e distendersi sul letto per calmare i nervi. Continua a leggere