E così volete venire in Giappone ma non per le Olimpiadi?

Scordatevelo. [NDA: il testo risale a prima che togliessero i 3 giorni obbligatori in albergo se si viene dall’Italia. Dato che la situazione cambia continuamente controllate sul sito del MOFA e/o dell’Ambasciata]

Al momento il paese è chiuso a chi non ha un permesso di soggiorno PdS, non accetta nuovi visti e non ha mai allentato le ferree regole per sbarcare – novelli Perry – nell’isola.

Armato di cotanto PdS, un po’ come i vecchi sketch di Verdone (Non lo puoi fare? Cio’ questo!) è necessario fare un test PCR almeno 72 ore. In realtà i giapponesi accettano anche quello salivare (cleia) ma non è detto che vada bene alla compagnia aerea (Ethiad infatti vuole il PCR). In ogni caso per non sbagliare (e dati i tempi ristretti) li ho fatti amBenTrambi (pcr 60 euro e cleia 22 euro). Ora si può anche entrare con i soli test (probabilmente) ma è molto meglio se prendete la form dal sito del MOFA e la fate compilare, firmare e timbrare da un dottore italiano. Del vaccino non gli interessa (in teoria giustamente), dato che non evita che tu abbia il virus.

Con tutte le carte auspicabilmente in regola si affronta il check-in a Fiumicino. Li’ sono stati gentilissimi, ma hanno stra-controllato il PdS e le carte, dato che poi spesso quello che dichiara il MOFA e quello che hanno scritto loro non è detto che coincida. Ethiad in teoria consentirebbe di mandare in anticipo le carte per verificare di essere in regola, ma non da Roma. Il personale al check-in mi ha anche detto quali app   scaricare e quale formulario online riempire in anticipo in maniera da risparmiare tempo all’arrivo.

Fatto scalo ad Abu Dhabi senza troppi problemi (entrambi gli aviovehiculi erano praticamente vuoti) si arriva a Narita nel pomeriggio. Qui a parte la visione di un aereo Alitalia attraccato a Narita (perché? Non fanno servizio passeggeri, forse merci?) si viene condotti quasi per mano per una serie di stazioni che ricordano molto l’ufficio delle dodici fatiche di Asterix. Ovviamente alla maniera giapponese tutto perfettamente organizzato con verifiche e ricontrolli ad ogni stazione (carte, formulari, formulario nuovo, scarica l’app, registra il formulario ecc). Molti più passaggi che a fine dell’anno scorso (dove chiedevano PCR/CLEIA ma non le app). Test salivare all’arrivo. Una foto dice che per favorire la salivazione ed estrarre il prezioso fluido devi pensare ai limoni e allo umeboshi. Ora a me piacciono tutti e due, ma direi che non sono altissime nella classifica delle cose che fanno venire l’acquolina in bocca.

Comunque sia, controllo passaporti con form del dottore, recupero bagagli, dogana e poi si aspetta il bus che – novello treno di cassandra crossing – traghetta noi untori all’albergo. Al toyoko inn di Narita, altri controlli, altro pacco di carte con spiegazioni algoritmiche e poi finalmente in camera. Da sbarco a camera 4 ore.

Per tre giorni non si può uscire dalla stanza, consegnano obentou tre volte al giorno (anche buono) a di fame non si muore, poi c’è la rete, per cui i tre giorni volano anche troppo velocemente. Dopo tre giorni altro test salivare (pensa all’umeboshi!) la mattina per salire su un altro bus (questa volta meno ricoperto di plastiche a prova di appestati) sino a Narita. Da li’ puoi scegliere di farti venire a prendere da parenti o trasbordo speciale (questo a carico tuo, mentre albergo ecc è tutto pagato dal Governo Giapponese).

Per i restanti 11 giorni devi indicare periodicamente (mai capito quanto però) la locazione e rispondere periodicamente alle chiamate di umani prima e computer negli ultimi giorni che si accertano che non stai violando la quarantena (in realtà si può uscire, ma non prendere i mezzi pubblici). Tutto sommato tutto bellissimo salvo appunto la suddetta voce “olimpiadi”.

Un po’ di maltempo

Ciao a tutti, come state?

Negli ultimi tempi, il Giappone è continuamente al centro delle cronache internazionali per una serie di fenomeni meteorologici estremi.   Continua a leggere

La terra trema (nel Kansai)

“Il Giappone è un paese a rischio sismico”

“chi ci vive deve farci l’abitudine”, dicono.
E non si tratta nemmeno di un’affermazione opinabile: la realta’ è proprio questa. Continua a leggere

Un po’ di GoldenWeek

Come state?

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Non ci sentiamo da molto tempo: purtroppo la vita quotidiana in Giappone nel concederti molte opportunità ti toglie parecchio tempo libero. Mi sono fermata, ma spero di ricominciare a scrivere molto presto. Continua a leggere

Condannati a morte e dintorni

Su Asahi Shinbun è uscito un articolo interessante che non solo fa il punto della situazione sui detenuti  in attesa di esecuzione, ma chiarisce anche una domanda “capitale”: perché i condannati a morte in Giappone restano in cella in una condizione sospesa anche per decenni? È solo un gioco crudele?

(la nota e spesso criticata politica di comunicare l’esecuzione solo la mattina stessa è in teoria intesa a accorciare il più possibile lo stato di panico conseguente alla consapevolezza che si sta per morire, anche se il fatto che si è prossimi al momento viene lo stesso suggerito da dettagli e procedure sui quali non mi addentrerò in questo breve articolo)

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Per “Gakideka”(lo sbirro moccioso), manga di grande successo negli anni 70 di Yamagami Tatsuhiko, pronunciare sentenze di morte (死刑 shikei) era un marchio di fabbrica

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